Gennaio 2010

Dalle lupare al cappuccio bianco: il KKK di cosa nostra.

La schiavitù non fu il frutto né dell’”inferiorità” dei neri, né della perversità dei bianchi.
Ha fiorito fino a quando dava profitto.
Il pregiudizio razziale fu creato e fatto crescere per giustificare, in ogni caso,
lo sfruttamento della manodopera di colore.

Daniel Guerin

Quanto successo a Rosarno è sicuramente un pugno nello stomaco per quanti/e credono e si battono per un mondo diverso, in cui le contrapposizioni di razza, di lingua e religione siano solo un brutto ricordo, per quanti/e vedono nell'unità dei lavoratori e delle lavoratrici, di qualsiasi provenienza, l'unica forza in grado di costruire una società più giusta, di liberi/e ed eguali.
Le violenze dello Stato e dei nuovi Ku Klux Klan calabresi armati di fucili e bastoni di ferro, in odor di 'ndrangheta agricola nei confronti della comunità di immigrati ci fanno purtroppo venire in mente i racconti dello zio Tom di altri tempi.
Schiavi e schiave senza nessun diritto, uccisi dal lavoro e dalla clandestinità imposta da uno Stato stupratore e mafioso che ha tutti gli interessi per tenere nel buio migliaia di persone in disumane condizioni di vita, ammassati in fabbriche abbandonate e in edifici senza elettricità e in alcuni casi senza acqua per poterli sfruttare nel più grande silenzioso omertoso.
Uomini e donne con la stessa pelle di coloro che in America piantavano e raccoglievano cotone, trattati come animali da lavoro e bastonati dalla polizia e dal razzismo della gente incarognita dall'influenza di una sottocultura che propina alle masse ignoranza e litigiosità per chiudere gli occhi sui reali problemi del paese, e usata e manovrata da chi comanda per creare disordine sociale quando necessario. Quello che succede in Calabria è la stessa cosa, non illudiamoci, che avviene in Puglia, che avviene in Campania, che avviene in tutto il sud, e non solo, dove la legge è usata dall'illegalità per tenere uomini e donne legati alle catene dello sfruttamento più bestiale.
La schiavitù dei lavoratori e delle lavoratrici clandestini in terra di 'ndrangheta, di mafia, di camorra, di grandi proprietari conviene a tutti: ai padroni mafiosi delle piantagioni di agrumi e pomodori, che hanno manodopera gratis o quasi che non si può neanche sindacalizzare e deve stare alle regole di aguzzini, al governo che attraverso le immagini che fa vedere in tv si permette di fare leggi insulse e razziste come quella del 30% di numero di stranieri nelle scuole che per caso è stata fatta passare nelle giornate della rivolta dei neri. La rivolta degli schiavi è la rivolta di tutti, perché va contro il razzismo di Stato, contro lo sfruttamento della mafia e per una dignità che spetta a tutti e tutte. E’ una rivolta che porta dentro di sé il coraggio e la disperazione di chi non ha più nulla da perdere e di chi, a differenza di molti italiani, non ha paura della mafia perché non fa parte della sua cultura.
Che a chi lavora in nero siano concessi immediatamente cittadinanza, diritti e casa, che i terreni dove lavorano gli schiavi di oggi siano coltivati da cooperative di lavoratori, stranieri e italiani non importa, che alle merci sia restituito il suo valore in lavoro: questo è necessario perchè uomini e donne non siano più venduti e comprati, perchè il lavoro dia vita e diritti e non lotta tra sfruttati, perché si possa ricominciare a comprare al mercato pomodori o arance che non grondano sangue, perchè si arresti questo degrado indecente in cui la classe dominante, quella eletta e quella nascosta, ha fatto precipitare questo povero paese dove viviamo. Nel frattempo, disobbedienza civile alle leggi razziste e liberticida che ci circondano: che chi è riuscito a scappare dalle retate sia aiutato a vivere, e a vivere libero.

Federazione dei Comunisti Anarchici

Vertice di Copenaghen sul clima: “tutte chiacchere e distintivo”.

Quanti anni sono passati dal vertice di Kyoto che partorì il famoso protocollo, secondo il quale gran parte degli Stati della Terra si impegnavano a ridurre le proprie emissioni di CO² e degli altri gas serra, responsabili principali dell’aumento repentino della temperatura media del Pianeta?
12 anni. Ad oggi (ottobre 2009) sono 187 i paesi che l’hanno ratificato ma, di questi, si contano sulle dita di una mano quelli che in parte hanno realmente iniziato ad applicarne gli intenti.
È pur vero che il protocollo è entrato ufficialmente in vigore nel 2005, dopo la ratifica dello Stato russo avvenuta nel 2004 (contributo in emissioni di circa il 18% sul totale) grazie al quale si è superato il tetto del 55% di emissioni totali dei paesi aderenti al protocollo, posto inizialmente come quantità al di sotto della quale il protocollo non poteva entrare ufficialmente in vigore. Sembra però che la stragrande maggioranza dei paesi ratificanti, compresa l’Italia, abbiano approfittato di questa sorta di standby non tanto per cominciare a diminuire gradualmente le proprie emissioni di gas serra, ma semmai ad aumentarle.
Oltretutto l’intento del vertice di Kyoto non è che prevedesse chissà quale stravolgimento rivoluzionario, con il suo obbligo ai paesi industrializzati di operare una riduzione delle emissioni di gas serra in una misura non inferiore al 5% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 (preso come anno di riferimento) in un periodo di cinque anni, dal 2008 al 2012.
E oltretutto con tutta una serie di scappatoie ad uso e consumo delle grandi imprese che, in cambio di progetti nei paesi in via di sviluppo, che producano benefici ambientali in termini di riduzione delle emissioni di gas serra, ovviamente a spese delle fiscalità generali degli Stati, permettano alle multinazionali di questi identici Stati, di continuare a sforare i limiti previsti dal protocollo.
Come al solito, in barba agli accordi su cui loro stessi allegramente pongono le loro ipocrite firme.
Veniamo all’oggi.
Il 7 Dicembre è cominciato il Vertice di Copenaghen, la conferenza mondiale indetta dall'Onu sul clima, chiamata anche Cop15, perché è la quindicesima conferenza della “Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC)”; con la Cop3 nacque il Protocollo di Kyoto. Questa conferenza andrà a sostituire il protocollo di Kyoto, che come abbiamo visto scadrà nel 2012.
Ma non contenti dei “risultati ottenuti”, pur a fronte di un misero -5% previsto a Kyoto, che cosa si apprestano a promettere gli oltre 15 mila delegati, provenienti da 192 nazioni?
La Cop15, che durerà fino al 18 dicembre, si propone di imporre dei limiti alle emissioni di gas serra che permettano di raffreddare di almeno 2 gradi la temperatura media del pianeta.
Secondo il foro intergovernativo sul mutamento climatico (IPCC) ciò sarebbe compatibile con una riduzione delle emissioni, da parte dei paesi sviluppati, dal 25 al 40 % rispetto ai livelli del 1990, in 10-15 anni a partire da subito.
Il 25-40%. Ossia 5-8 volte quello previsto da Kyoto, quando quel pur miserabile obbiettivo non è stato nemmeno minimamente sfiorato dalla stragrande parte dei paesi ratificanti.
Eppure le vanagloriose promesse non mancano. La Cina, ad esempio, ha promesso di tagliare le emissioni di gas serra per unità di crescita economica, misurate nel 2005, del 40-45% entro il 2020; l’India ha promesso di tagliarle del 24% nello stesso periodo; gli Stati Uniti del 17% entro il 2020 e l’Unione europea del 20% rispetto ai livelli del 1990.
Staremo a vedere. Per ora, al di là dei legittimi dubbi sui futuri intenti degli Stati industrializzati, le uniche certezze che abbiamo a disposizione sono quelle dei disastri ambientali provocati dall’interesse senza scrupoli del capitalismo.
A Copenaghen dibatteranno di sterili cifre mentre intere regioni vengono destinate a discariche a cielo aperto, per la cui gestione le varie mafie ingrassano sulla pelle della popolazione, permettendo al capitale e alle imprese di abbattere i costi ambientali facendoli pagare in natura, anzi in salute, agli abitanti.
Spenderanno ipocritamente parole a ruota libera sulle tecnologie a basso contenuto di carbonio, in un sistema che solo con le guerre, oltre a seminare morte, produce più CO² delle emissioni dei veicoli di intere nazioni messe insieme.
Anche a guardare in casa nostra le cose sostanzialmente non cambiano.
Basta osservare i partecipanti e gli invitati al summit tenutosi a Roma, il 4 dicembre 2009, organizzato dal Kyoto Club e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, in preparazione della delegazione italiana per Copenaghen.
Tra gli invitati infatti c’èra la presidentessa della Confindustria, Emma Marcegaglia, la cui impresa è proprietaria di vari impianti di incenerimento per "combustibile da rifiuti" (CDR), e centrali elettriche a biomasse; tra gli impianti più inquinanti dal punto di vista delle emissioni di gas serra, e oltretutto beneficiaria di quel meccanismo perverso, finanziato con le tasche del contribuente italiano, che va sotto la sigla CIP6.
La cosa buffa è che la signora Emma tempo fa si lamentava dei troppi vincoli che vengono dalla UE o da Kyoto in tema di emissioni di gas serra. Un ottimo portavoce delle istanze ambientali, non c’è che dire!
Mentre la nostra ministra dell’ambiente, la signora Prestigiacomo, comproprietaria di alcune delle industrie più inquinanti del settore chimico siracusano, ha avuto il pudore di non andare al summit di Roma ed ha preferito mandare come rappresentante il direttore generale del dicastero.
Come possono degli individui, direttamente interessati alla massimizzazione dei loro profitti, a scapito di tutto e quindi anche della nostra salute e dell’ambiente, rappresentare le istanze ambientali?
Come possiamo continuare a delegare i nostri bisogni, la difesa della nostra salute e dell’ambiente biologico in cui viviamo, a persone che, per il ruolo sociale che rivestono, pensano prima di tutto ad accumulare denaro e proprietà, infischiandosene del bene collettivo?
Noi pensiamo che per quanto riguarda la saturazione della nostra atmosfera ed in generale dell’intera ecosfera terrestre, ci stiamo pericolosamente ed esponenzialmente avvicinando al carico limite.
Prevedere i tempi del collasso è impossibile, tante sono le variabili al contorno.
Ma la via intrapresa dal mito dell’accumulazione capitalista e dello sviluppo senza limiti ci trascina inesorabilmente verso conseguenze irreversibili di disastri sociali e ambientali. Catastrofi ambientali da una parte e guerre dall’altra ne sono l’esempio diretto.
A meno che non rovesciamo la tendenza.
Certamente a partire anche dai comportamenti individuali, opponendosi con personale virtuosismo al dilagante consumismo, come propagandano la maggior parte delle organizzazioni ambientaliste. Ma ciò non è sufficiente, perché rovesciare questa tendenza alla miseria sociale ed ambientale, si ottiene specialmente gestendo direttamente ed in maniera egualitaria e libertaria la nostra vita collettiva, senza delegare agli Stati ed alle loro istituzioni alcun aspetto di essa.
Abbiamo visto troppe volte nella storia di quali disastri i capitalisti e le istituzioni statali che li appoggiano siano capaci sia in tema ambientale che sociale.
Un altro mondo di libertà, uguaglianza sociale e partecipazione non solo è possibile, ma diviene sempre più necessario.

Federazione dei Comunisti Anarchici – Gruppo di Lavoro energia e ambiente

Dossier sul nucleare.

Capitolo 3 - LE INFINITE SOLUZIONI DEL CAPITALE AL PROBLEMA DELLE SCORIE.

Nel capitolo precedente abbiamo trattato il problema dello smaltimento e della gestione delle scorie nucleari. Si è visto che queste, oltre ad assorbire una enorme quantità di risorse umane e tecnologiche per la loro gestione, rappresentano un grave pericolo per l’ambiente.
Inoltre ancora oggi, al di la di provvedimenti tecnico-geografici palliativi e di espedienti temporanei, non si hanno ancora soluzioni definitive e soddisfacenti per il loro stoccaggio.
Molte scorie nucleari hanno tempi di decadimento radioattivo di migliaia di anni, alcune fino a centinaia di migliaia di anni.
I costi per la loro gestione sono enormi; depositi definitivi, adatti a conservarle in sicurezza per migliaia di anni, non se ne trovano e le comunità locali sono sempre più agguerrite. Un vero rompicapo per le holding energetiche e per gli apparati statali che ne garantiscono gli interessi.
Tuttavia, anche se di fronte a problemi attualmente ancora praticamente insormontabili, la lobby nucleare, composta dagli apparati statali e da faccendieri privati, dimostra di avere una grande fantasia imprenditoriale.
Essa agisce in due modi distinti: o scaricando, mediante la complicità dello Stato, sulla fiscalità generale i costi relativi alla gestione in sicurezza di tali rifiuti, oppure ricorre ad altri stratagemmi, affidando alle mafie nazionali ed internazionali la gestione del trasporto e dello scarico di questi veleni. Organizzazioni che certamente non hanno cura di portarli in depositi sicuri o discariche tecnicamente appropriate.
Quando la lobby nucleare ricorre a questo secondo stratagemma, che gli permette di risparmiare notevolmente sui costi di produzione, ha diverse opzioni.
Una è quella dell’auto-affondamento delle cosiddette navi dei veleni: si compra per pochi spiccioli una carretta arrugginita, la si riempie delle peggiori schifezze, la si manda in mare, dove, lontana da occhi indiscreti, la si fa colare a picco con tutto il suo carico di veleni.
Nel Mediterraneo questa pratica ha avuto inizio almeno a partire dal 1987, con decine e decine di auto-affondamenti, dei quali alcuni sono venuti alla luce solo perché falliti nell’intento, rendendosi palesi all’opinione pubblica. Un esempio su tutti, eclatante perché risalito alla ribalta delle cronache anche negli ultimi tempi, è quello che ha riguardato e che riguarda tuttora lo spiaggiamento della motonave Rosso sulle coste della Calabria.
Secondo le procura di Reggio Calabria, che ancora indaga su questi episodi, potrebbero essere numerosi gli auto-affondamenti di navi ricolmi di rifiuti pericolosi (almeno 49 quelli di cui si ha notizia), tra cui anche nucleari, specialmente lungo la costa jonica e tirrenica della Calabria, ma anche al di fuori del Mediterraneo, lungo le coste Somale, della Serra Leone e della Guinea. La procura inoltre mette in luce la presenza di molti altri relitti sospetti presenti anche in prossimità delle coste adriatiche della ex Jugoslavia, relitti su cui non si è mai indagato.
Alcuni di questi vengono alla luce solo perché colpiscono un altro settore del capitale, quello delle grandi assicurazioni come la Lloyds, dai cui registri si rileva, infatti, che numerose sono le navi affondate in modo sospetto nel Mediterraneo.
Quando la quantità di scorie radioattive non giustifica operazioni di trasporto all’estero o di auto-affondamento di navi, il vettore scelto dalla lobby nucleare, ossia la criminalità organizzata, le distribuisce sul nostro territorio, spargendole qua e là in funzione della sua capacità di controllo del territorio.
Questa cosa è accaduta specialmente al sud dell’Italia, ma non solo, dove le mafie sfruttano per l’occultamento ex cave, discariche abusive già esistenti oppure creandone delle nuove o addirittura confondendo le scorie con i rifiuti indifferenziati delle discariche autorizzate, come è ormai certo che sia avvenuto in Campania.
Negli anni ‘90 c’è anche chi progetta e propone un sistema di smaltimento economicamente interessante per i faccendieri nucleari. La ODM (Oceanic Disposal Management Inc.), una società, peraltro direttamente implicata nel caso della motonave Rosso, propone di mettere in opera su scala mondiale operazioni di seppellimento nei fondali marini di scorie radioattive, per altro in violazione della convenzione di Londra del 1993 sull’inquinamento marino. Il progetto prevedeva il seppellimento in mare delle scorie, attraverso dei “penetratori”, ossia dei siluri lunghi 16 metri del peso di circa 200 tonnellate ciascuno, fatti scivolare verso i fondali argillosi da navi opportunamente attrezzate.
Ci sarebbe da ridere a crepapelle se non fosse che questa società di benefattori ha avuto credenziali in tutta Europa, da come si evince da un dossier di Lega Ambiente, con basi logistiche in Italia, Austria e Svizzera. E non avesse avuto rapporti con i peggiori faccendieri europei e specialmente italiani, che facevano affari d’oro con il traffico dei rifiuti e specialmente di quelli pericolosi. In questo ambito la ODM avrebbe trattato illegalmente nel 1997 qualcosa come 3 mila tonnellate di rifiuti al giorno per un valore complessivo equivalente di 4.8 milioni di dollari d’allora, esportando tra l’altro illecitamente i rifiuti in paesi come Romania, Libano e Venezuela e ricavandone proventi illeciti che sarebbero stati esportati e ripuliti da compagnie finanziarie italiane in paesi quali Panama, le Isole Vergini, il Liechtenstein e l’Irlanda. Tra il 1987 e il 1996, come riportato dal dossier “le navi dei veleni” di Lega Ambiente e del WWF, la rete formata da queste aziende avrebbe avuto rapporti d’affari con grandi aziende pubbliche e private italiane e con multinazionali, quali tra le altre: Castalia SpA, Termomeccanica SpA, Waste Management Tecnologies (WMX) e la Compagnie Generale des Eaux.
La lobby nucleare ricorre anche ad un’altra “brillante” scappatoia per l’occultamento dei rifiuti radioattivi: il traffico a livello europeo di ferraglia contaminata proveniente dallo smantellamento delle infrastrutture nucleari dismesse e riciclata dall’industria siderurgica europea per produrre manufatti metallici.
Questa metodologia soddisfa contemporaneamente il bisogno di disfarsi rapidamente e senza fare troppo rumore delle scorie radioattive e diviene un business apprezzabile per imprese che in tal modo risparmiano sulle materie prime. Pazienza se come effetto si ha l’innalzamento del livello medio della radioattività ambientale.
Non so se qualcuno ricorda un evento accaduto nel maggio del 1998, in cui dopo alcune misure risultò un eccesso di presenza di Cesium-137 (tempo di dimezzamento dai 10 agli 8 anni, emettitore Beta), in Francia del sud, in Svizzera, in Italia ed in Germania del sud, con valori anche 1000 volte più alti dei limiti consentiti dalla normativa europea. All’inizio non si sapeva da dove provenisse questa nuvola radioattiva ma poi si scopri che arrivava dalla Spagna del sud, e precisamente dalla fonderia Acerinox nella regione di Cadice. Il materiale ferroso riciclato nella fonderia proveniva dai Paesi Bassi, dagli Stati Uniti, dal Canada e dalla Germania.
Per ammissione della stessa IAEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica), solo nel triennio 1996-1998 e solo nei Paesi Bassi, sono state scoperte circa 200 spedizioni contaminate destinate alle acciaierie di questa parte dell’Europa. In Italia nel marzo del 2008, i Carabinieri del Comando Tutela Ambiente sequestrarono nelle province di Brindisi, Campobasso, Treviso, Milano, Lucca, Frosinone, Latina e Mantova trenta tonnellate di acciaio inox contaminato da Cobalto 60, isotopo radioattivo caratterizzato da elevata radiotossicità e tempi di dimezzamento della carica radioattiva di sei anni, importato dalla Cina nel maggio dello scorso anno. Il materiale era destinato alla produzione di manufatti come pulegge, cappe di aspirazione, serbatoi e tramogge.
Ma ritorniamo ai traffici marini di scorie radioattive perché la tecnica dell’auto-affondamento non è l’unica utilizzata per sbarazzarsi dei rifiuti nucleari. Ce n’è un’altra che coinvolge, in un intrigata interconnessione, traffici di armi e di scorie. In questa rete gli attori principali sono vari Stati europei, compresa l’Italia, rappresentati dai loro servizi segreti, organizzazioni criminali e gruppi locali di potere africani.
Il meccanismo è quello di far partire navi dall’Italia spesso con la copertura di effettuare trasporto di aiuti umanitari, quando in realtà queste navi, con la complicità di apparati statali civili e militari, trasportano scorie nucleari e armi leggere e mediamente pesanti. Trasportano questo loro carico doppiamente mortale in alcuni paesi africani (specialmente Somalia), dove affidano le armi a gruppi locali di potere che in cambio penseranno a disfarsi del carico radioattivo. I traffici internazionali, sia di rifiuti che di armi o di triangolazioni fra scorie e forniture militari, come ormai è dimostrato sia avvenuto a metà degli anni '90 in particolare in Somalia, sono proseguiti e proseguono tuttora, garantiti anche da norme internazionali assolutamente funzionali, come ad esempio quelle del "doppio registro", in cui scafo e contenuto possono battere due bandiere diverse a seconda delle convenienze degli armatori.
Allo stesso tempo le autorità marittime di controllo, a causa di precise e funzionali direttive politiche, hanno sempre meno possibilità di incidere realmente nel fermare i traffici illegali, e le Capitanerie di porto sono molto più impegnate a reprimere il fenomeno dell'immigrazione che quello dei traffici illeciti di scorie industriali.
A tutti questi intrecci perversi tra Stati, multinazionali, servizi segreti, apparati militari e traffici di scorie radioattive e armi, è legato l’assassinio della giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e dell'operatore Miran Hrovatin, il 20 marzo 1994 in Somalia.
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin pagarono con la loro vita per un’inchiesta che stavano conducendo tra Somalia e Italia volta a far luce sui misteri che avvolgevano molti di questi traffici mortali.
È alle loro persone che voglio dedicare queste quattro righe di riflessione.

Zatarra

Mujeres libres.

I recenti negoziati sui cambiamenti climatici a Copenhagen, Danimarca, si sono rivelati l’ennesimo fallimento e un’ulteriore presa in giro delle attese legittime dei paesi in via di sviluppo. I paesi poveri chiedevano fondi ai paesi ricchi, responsabili del disastro ecologico provocato da più di 200 anni di rivoluzione industriale, che ha immesso nell’atmosfera tonnellate e tonnellate di diossido di carbonio. Fondi e tecnologie che dovrebbero aiutarli ad adottare energie pulite nel futuro. Le loro richieste, oltre ad esigere il cosiddetto “carbon debt”, si possono leggere anche come una forma di compensazione per aver creato il divario tra paesi sviluppati e quelli sottosviluppati. Più di 200 anni di rivoluzione industriale non solo hanno contribuito ad inquinare il pianeta ma hanno permesso alle potenze europee, prima, e agli Stati Uniti dopo, di dominare il globo attraverso il colonialismo e l’imperialismo delle multinazionali, impedendo di fatto lo sviluppo dei paesi assoggettati. I paesi ex-imperialisti europei e gli USA oggi devono fare i conti con le potenze emergenti: Cina, India e Brasile, tra i maggiori produttori di anidride carbonica. La Cina, in particolare, sta conquistando il mondo senza bisogno di eserciti perché utilizza l’arma più pericolosa e più convincente: il danaro. Ormai gran parte dei territori africani appartengono alla Cina. Territori ricchi di materie prime, vitali allo sviluppo sempre più sfrenato del capitalismo cinese, costruito sul feroce sfruttamento del suo stesso popolo. Il famoso “pericolo giallo” è diventato realtà. Il fatto che la Cina sia tra i maggiori inquinatori del pianeta è un fatto reale. Ma l’enorme accumulo di capitali le permette di potere ricattare il mondo. Quando i paesi occidentali denunciano la mancanza di diritti civili in Cina o nei paesi con cui la Cina commercia, essi compiono un’operazione ipocrita, perché sanno benissimo che la Cina serve agli interessi delle loro multinazionali. Ormai i governi occidentali spogliati dalla retorica di ”Dio, Patria, Civiltà ” sono solo servi delle multinazionali. Vedi le varie guerre cosiddette umanitarie o di lotta allo pseudo-terrorismo che insanguinano il mondo e che contribuiscono ad accrescere l’odio verso gli eserciti invasori. Tutti abbiamo visto le immagini di quanto successo ad Amsterdam. Le cariche violente della polizia contro i compagni anarchici e gli altri che si oppongono ad un sistema ingiusto e disumano che considera le persone e le risorse della Terra come mera merce da sfruttare, fregandosene delle conseguenze. Immagini che facevamo pensare a Genova o altri luoghi, dove si sviluppa la giusta protesta popolare contro chi vuole dominare e controllare il mondo. Con buona pace di chi crede nella superiorità delle democrazie nordeuropee. L’offerta europea di 10 miliardi di dollari all’anno è stata giudicata “patetica” dalla delegazione nigeriana. I paesi emergenti chiedevano almeno 100 miliardi di dollari. Non li hanno ottenuti, come era prevedibile. L’arrivo di Obama, ha ulteriormente deluso le aspettative di tutti coloro che avevano creduto in un suo sincero impegno ecologista. Ma come si può sperare in un uomo che succhia il sangue al suo popolo per continuare una guerra criminale? Altro che impegnarsi per riparare al “carbon debt”. Il capo negoziatore americano, Todd Stern, ha detto chiaramente che pur dichiarandosi responsabili del riscaldamento globale gli USA rigettano qualsiasi senso di colpa e l’idea stessa di debito. Tradotto: i paesi poveri dovranno continuare a pagare per quelli ricchi. L’arroganza di tale posizione potrà essere rovesciata solo quando i paesi africani e del sud del mondo si decideranno una buona volta ad unirsi e a lottare insieme per abbattere i regimi criminali al loro interno, mantenuti in vita dalle multinazionali europee ed americane. La storia del colonialismo e del neocolonialismo non è sufficiente a giustificare lo stato di miseria e di oppressione in cui versano miliardi di persone nel mondo. Vi sono le responsabilità individuali e collettive. Il tempo stringe e la Terra non può aspettare. La posta in gioco è altissima. La salvezza del pianeta o la morte per tutti.

Una individualità anarchica siciliana

Cambiano i tempi, i modi, ma l'obiettivo è lo stesso.

Cambiano i tempi, i modi e le dinamiche, ma l'obbiettivo è lo stesso, reprimere chi porta avanti la lotta contro il sistema, contro chi detiene il potere politico e quello economico. Questo lo scopo dell'ennesimo attentato diffamatore avvenuto il 16 dicembre in uno dei corridoi dell'università Bocconi di Milano, e sempre questo lo scopo dell'attentato avvenuto al CIE di Gradisca d'Isonzo in provincia di Gorizia, lo scopo di diffamare, infangare e criminalizzare il movimento anarchico che oggi come ieri si batte per una società libera dall'autorità, dai pregiudizi, dal potere politico dello Stato e dal potere economico del capitale, per una società dove non esistono divisioni in classi e dove ci sia veramente libertà, giustizia sociale e uguaglianza economica, per tutti. L'ennesimo attacco portato avanti in maniera subdola, infima e strisciante.
Bombe quelle esplose rivendicate dalla fantomatica Federazione Anarchica Informale, spuntata nel 2003 e ricomparsa di tanto in tanto con attentati dinamitardi e bombaroli qua e là, talvolta portati a segno, talvolta no. Organizzazione sulla quale esistono tanti se e tanti ma, sopratutto tra chi il movimento anarchico, che si richiama all'anarchismo sociale, politico ed organizzato, lo vive e lo compone, un organizzazione dinamitarda e bombarola che, a parte una inchiesta poi finita con la completa assoluzione degli imputati, non si è mai vista perseguire giuridicamente nemmeno nessun adepto, e questo fa riflettere. Bombe esplose in un periodo particolare, quello del quarantesimo anno dalla strage di Piazza Fontana, anniversario che non mostra solo la vuota commemorazione ma anche il rilancio delle lotte, e anche questo fa riflettere. Questa fantomatica organizzazione informale, sulla quale impostazione c'è molto da dire poiché recita un suo comunicato che i suoi aderenti non si conoscono e non sono tenuti a conoscersi tra loro, offrendosi così da sponda ad un’infiltrazione da parte di chi cerca da sempre di reprimere il movimento anarchico con tattiche che vanno dalla persecuzione mediatica e giuridica e poliziesca a tattiche più subdole come l'infiltrazione.
Ruolo fondamentale in questa, come in altre vicende che prima d'ora hanno già colpito in maniera repressiva il movimento anarchico, viene giocato dalla stampa borghese e commerciale, prima fra tutti Repubblica di Milano, che porta attacchi e accuse pesanti e infondate al movimento anarchico e alle sue organizzazioni, che da sempre giocano a carte scoperte e con prassi chiara portando avanti una lotta politica tra i movimenti popolari e di massa. Non a caso leggiamo, come è normale che sia dato la sua estrazione mediatica e schierata con i poteri forti, del movimento anarchico sulla stampa borghese e commerciale solo quando si tratta di dare risalto alle frange bombarole e a queste fantomatiche sigle, così come solo in questi casi sentiamo parlare degli anarchici in radio e tv.
La storia come sempre si ripete, cambiano i modi e le modalità con cui i movimenti antagonisti e rivoluzionati vengono colpiti, ma mai cambia l'obiettivo che resta sempre la repressione di questi. Ieri, in un passato molto lontano, di cui non perdiamo tuttavia la memoria, ci chiamavano malfattori e propugnavano leggi antianarchiche per impedire, in maniera vana visto la storia del movimento anarchico, di organizzarci e di lottare, sempre ieri, in un passato non molto lontano, esplodevano le bombe sui treni e nelle piazze, e la colpa veniva data, sempre con strategie repressive simili a quelle odierne, agli anarchici, per poi scoprire che i responsabili erano fascisti e organi statali, che verranno poi assolti. Oggi con una strategia repressiva che si basa principalmente sui cardini: mediatica, legislativa, giuridica e poliziesca, ancora una volta il movimento che fa della lotta degli sfruttati, degli emarginati e degli oppressi la sua lotta, viene come sempre colpito, etichettato e diffamato, con lo scopo di far apparire agli occhi della gente gli anarchici come i bombaroli, come i terroristi che non sono, con lo scopo, come sempre, di pilotare il pensiero del popolo verso un falso nemico, come fanno con gli immigrati accusandoli di omicidi, stupri e quant'altro e facendoli apparire come i criminali per eccellenza, così per pilotare la mente del popolo verso un nemico fantoccio, per far sì che non si risvegli la coscienza e la consapevolezza di chi è il vero nemico, chi ci sfrutta, chi ruba le nostre vite e divora la nostra libertà, chi ci reprime e opprime e chi costringe a seguire le sue leggi e il suo ordinamento voluto, sostenuto e creato per proteggere la classe dominante borghese e dirigenziale e di essa soltanto fare gli interessi.
Da sempre e sempre lottiamo e lotteremo, per un mondo migliore, più giusto e più umano, per una società senza servi e senza padroni, fatta da uomini e donne liberi e uguali.

Roberto per la sezione "Delo Truda" FdCA Palermo

La società evoluta.

Fuorvianti storici, scrittori o semplici intellettuali “piccoli borghesi” ci hanno sempre lasciato intendere che nel corso dei secoli sono esistite società talmente evolute da raggiungere il loro massimo splendore grazie, e soprattutto, a dei personaggi che arrivati al potere - e comunque non senza l’uso dell’inganno o della forza - si sono distinti per l’inequivocabile capacità di saper imporre la propria smania di onnipotente grandezza.
Questi personaggi, nonostante le tante battaglie combattute a scapito di migliaia di morti sul campo, dei tanti popoli sottomessi e poi resi schiavi, dell’uso della repressione e della violenza contro chiunque si opponeva ai propri interessi e/o ai propri privilegi, delle torture inflitte agli avversari politici e/o ai semplici dissidenti, e tante altre ingiustizie ancora, sono oggi ricordati ed esaltati - soprattutto dai media - come “i grandi della storia”.
Personaggi “straordinari” senza i quali intere comunità avrebbero vissuto, e di conseguenza anche noi oggi, in totale stato di barbarie e ignoranza, quasi uno stato arcaico, primitivo.
Oggi i “figli legittimi” di quella storia - e cioè coloro i quali detengono l’intera ricchezza economica mondiale e il potere assoluto - forti di quell’insegnamento perverso, continuano imperterriti a far uso della corruzione più spregiudicata, della violenza degli apparati militaristici e polizieschi sempre pronti a obbedire e a colpire le masse, di leggi pensate e varate ad hoc da pseudo-politici che compongono - quasi in’interrottamente nell’arco della loro vita - un parlamento compiacente, colluso e mafioso, a sottomettere intere popolazioni, a spartirsi come voraci sciacalli l’intera produzione, frutto del duro lavoro svolto dalla classe subalterna, la classe proletaria.
Ma, nonostante i tanti millenni trascorsi e il loro martellante indottrinamento - anche grazie attraverso l’uso della religione -, questa società così evoluta non è mai esistita, e tantomeno esiste adesso.
Oggi più che mai una società - forte di decenni di lotte operaie e contadine -, per essere realmente evoluta - cioè libera e giusta -, non può esimersi dal rinnegare con fermezza qualsiasi forma di struttura piramidale facente capo a un leader o a un’elite di “furbetti” messi in alto per decidere il destino altrui.
Non può esimersi dal rinnegare, con forza, qualsiasi forma di autorità e/o di potere che porti, inevitabilmente, ad apparati corrotti o corruttibili i quali, forti dei propri privilegi economici e delle proprie posizioni sociali, non esitano all’occorrenza a comprare anche le coscienze dei più indigenti - spesso costretti dalle circostanze a cedere -.
Non può esimersi dal rinnegare con coscienza l’ideologismo ortodosso e reazionario, l’integralismo religioso e tutte quelle strutture affaristiche, mafiose e/o massoniche che tanto nocciono alla collettività.
Una società evoluta - fondata sulla fraternità, sul lavoro, sulla produzione e sulla distribuzione equa delle ricchezze -, per essere tale, non può esimersi dal rinnegare soprattutto la proprietà privata - rea di creare sempre e comunque quegli steccati invalicabili fra le classi sociali - e di impegnarsi per una cooperazione collettiva la quale, in maniera autogestionale, deve trovare il modo migliore per autoorganizzarsi anche, e soprattutto, tenendo conto delle diversità e delle esigenze di ogni singola persona - cioè sesso, età, stato di salute, capacità intellettive e lavorative, ecc.: “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni “ -.
Solo così, in futuro, si potranno finalmente realizzare società evolute fatte di un’umanità libera ed eguale.

F.sco63

Con il sangue agli occhi.

Hanno alzato la testa e lo hanno fatto senza mediazioni, con la rabbia di chi vuole rispetto e non è più disposto a ingoiare il boccone amaro dell’ingiustizia. La rivolta degli immigrati di Rosarno è una risposta sincera e coraggiosa alla schiavitù, alla discriminazione, all’intimidazione, all’indifferenza. In queste ore convulse gli immigrati hanno attaccato frontalmente il sistema di dominio mafioso che controlla l’economia e il territorio calabrese: gli immigrati hanno sfidato a mani nude la Ndrangheta, hanno sfidato i padroni delle terre in cui vengono sfruttati e umiliati. Gli immigrati in rivolta sono lavoratori della terra, manodopera a costo zero e senza diritti e tutele perché schiacciata da una clandestinità prodotta da leggi razziste emanate nell’interesse dei padroni. Gli immigrati in rivolta sono i lavoratori stagionali che percorrono migliaia di chilometri seguendo i ritmi delle colture, dalla Sicilia alla Campania, dalla Calabria alla Puglia, spaccandosi la schiena quindici ore al giorno per quindici euro. Gli immigrati in rivolta sono quelli che vengono picchiati e minacciati dai caporali se solo provano a chiedere acqua corrente, un tetto sulla testa o una paga più dignitosa. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni si permette di tuonare contro i clandestini senza accennare minimamente agli ultimi attacchi subiti dai migranti o alle condizioni bestiali che li hanno portati all’esasperazione. Insieme a Maroni, tutto il verminaio politico, senza distinzioni, blatera parole di circostanza oscillando tra ipocrisia e frasi fatte, tra intolleranza e insofferenza. Le notizie provenienti da Rosarno non sono incoraggianti: persone armate si aggirano in paese alla ricerca di immigrati e il clima è ancora pesantissimo. Questa è l’Italia, razzista e spietata, plasmata dal potere statale e mafioso. Questo è il risultato della devastazione sociale in cui è precipitato il nostro paese. Nell’esprimere la nostra solidarietà agli immigrati in lotta per i loro diritti, manifestiamo il nostro più profondo disprezzo nei confronti di tutti i mafiosi e di tutti i razzisti che presidiano le strade di Rosarno e i palazzi del potere.

Commissione Antirazzista della Federazione Anarchica Italiana – FAI
Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana – FAI
Coordinamento Anarchico Palermitano
Federazione Siciliana della FdCA
Nucleo “Giustizia e Libertà” - FAS